Nel male e (non) nel bene
La settimana delle Nazionali è finalmente terminata. Tornano gli argomenti, il campionato, le polemiche e chi più ne ha più ne metta. Nell'attesa che si concluda l'ottava giornata di Serie A, in questo post si vuole parlare di un argomento che in passato ha alimentato numerosi dibattiti sia fra gli sportivi sia fra l'opinione pubblica, la gente comune: l'apporto alla Nazionale Italiana da parte delle squadre di club.
Risuonano ancora molto forti le parole dell'ex commissario tecnico dell'Italia Arrigo Sacchi in merito all'Inter e al numero degli italiani nella stagione del Triplete (Dichiarazione di Sacchi). Nel 2010 la squadra allenata da Josè Mourinho ha vinto tutto quello che poteva vincere (eccetto la Supercoppa Europea, persa per due reti a zero contro l'Atletico Madrid), ma aveva un grandissimo difetto, avere pochi italiani. Sarcasmo a parte, Marco Materazzi e Mario Balotelli non furono presenti nella finale di Madrid vinta contro il Bayern Monaco. Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Eto'o, Sneijder, Pandev, Milito: vi fu molto Sud America, ma non l'Italia.
Si possono accettare le critiche se fatte garbatamente e con rispetto. Una società italiana riporta il più prestigioso trofeo per club in patria dopo un tempo abbastanza lungo, grazie agli sforzi del presidente Massimo Moratti. Accettiamo il presupposto per un momento, quello secondo cui è necessario vincere impiegando calciatori del proprio Paese, coltivare i propri settori giovanili con i ragazzi italiani, seppur personalmente non lo condivido perchè una società può vincere anche senza questo presupposto. Però cerchiamo di calarci nella mentalità di Sacchi: si può essere d'accordo sul fatto che l'Inter non abbia creduto nei giovani italiani.
Nel corso degli anni, però, la società è radicalmente cambiata, sia nei proprietari sia nella dirigenza sia nei calciatori. In questo periodo storico, Suning, Marotta, Ausilio e Conte stanno investendo sugli italiani (e con discreti risultati). Durante la stagione scorsa, quella 2019/2020, la formazione titolare prevedeva i seguenti 11: Handanovic, Godin, De Vrij, Bastoni, Candreva, Barella, Brozovic, Sensi, Biraghi, Lukaku e Lautaro. D'Ambrosio e Gagliardini sono risultati, nel corso del tempo, dei titolari forzati, vuoi per infortuni, vuoi per fare turnover. Oggi Candreva e Biraghi hanno lasciato l'Inter per fare spazio ad Hakimi e Darmian. Il numero di italiani già così non è niente male, senza considerare alcuni elementi, come Ranocchia, che non sono più nel giro della Nazionale, ma che permettono di far rifiatare i titolari di tanto in tanto. Barella, Bastoni e Sensi (se non tramortito da infortuni) sono tre calciatori fissi nello scacchiere di Roberto Mancini, con D'Ambrosio e Gagliardini che vengono subito dopo.
Non si vogliono fare confronti con altri club, ma l'italianità dell'Inter è aumentata considerevolmente da dieci anni ad oggi. Il caro Sacchi si è per caso fatto vivo tessendo le lodi della società? Certo che no, fa comodo solo criticare. Non lo trovo corretto, il trattamento deve essere uguale, nel bene e nel male (Italiani oggi nell'Inter) .
C. Pitari
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